Il Noviplano Caproni

Già a dirlo suona difficile (spesso sinonimo, più in ambito ingegneristico che matematico, di fallimentare).

Erano gli anni 20 e l’italianissimo Caproni costruiva già aerei. Ne aveva fatti di svariati modelli, grandi bombardieri plurimotori tutti più o meno riusciti, prima di innamorarsi di un’idea (è questa la parte che preferisco). C’è anche da dire che essendosi appena conclusa la Prima Guerra gli introiti derivanti dalla vendita dei bombardieri erano certamente in flessione e Caproni doveva reinventarsi nuovi business…

Lo scopo di Caproni era costruire il primo “areo passeggeri di massa“: 100 persone da trasportare da un lato all’altro dell’oceano Atlantico. Impresa non da poco per quei tempi.

Il primo problema era che l’aereo doveva essere in grado di sostenere un carico importante (sia in termini di massa che di vite umane che vuol dire sicurezza…) e due sole ali erano evidentemente insufficienti. Era l’epoca dei biplani ed al limite dei quadriplani, ma Caproni si sentiva abbastanza confidente da spingersi oltre: il noviplano.

Il Caproni Ca.60 aveva tre gruppi di tre ali distribuite lungo la lunghezza della fusoliera ed otto motori (Liberty L-12 da 400 cavalli ciascuno) a propellere un bestione grande, grosso ed ingombrante. Il Ca.60 era un idrovolante che poteva solo atterrare e decollare dall’acqua (e dove altrimenti si sarebbe trovata una pista in grado di ospitarlo…). La fusoliera stessa, appesa sotto le cellule di ali, era galleggiante ed era stabilizzata da due ulteriori galleggianti posti sotto le ali centrali. L’apertura alare di ciascuna delle nove ali era di 30,00 metri, la fusoliera era lunga 23,45 metri ed il CA.60 era alto la bellezza di 9,15 metri (un palazzo di tre piani!).

NovipalnoCaproni

La storia dei voli del noviplani Caproni non è esattamente una storia di successo. L’aereo volò solamente due volte (12 febbraio e il 4 marzo del 1921) e non riuscì mai a lasciare il paese. Durante il suo secondo volo decollò dal Lago Maggiore dopo solo 18 metri in volo precipitò in acqua. Ah, per aggiungere il danno alla beffa, mentre i resti del noviplano venivano portati a riva un bel incendio li distrusse definitivamente (i pochi frammenti sopravvissuti sono conservati presso il museo Caproni a Trento).

Brutto era brutto, non c’è che dire; ma lo definirei assolutamente originale. Non per forza funzionale. Un esperimento che valeva la pena fare.

WU

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